Articolo di Pietro Treccagnoli su “Il Mattino”
NAPOLI – Ha battuto un gigante da 99 milioni di appassionati, CityVille, gioco in Rete tra i più popolari e così è entrato da trionfatore nel «Guinness dei primati 2012» (da ieri in libreria per Mondadori). È un 26nne che vive a Fuorigrotta, studente di Ingegneria aerospaziale, fuorisede: è Roberto Esposito di Vallo della Lucania, in provincia di Salerno. Uno smanettone geniale, dall’aspetto tutt’altro che nerd, anzi con il fiuto del business, perché già a 14 anni faceva e disfaceva blog e siti Internet.
Qualcuno l’ha pure venduto, incassando e rilanciando un altro sito. Ma andiamo per ordine. Esposito, che nella Rete è Rob, è entrato nel gotha dei record, grazie a un primato originalissimo: con un solo post su Facebook ha ottenuto il maggior numero di commenti. Reggetevi: 389.141, in appena tre mesi, da gennaio a marzo scorso, battendo appunto CityVille che s’era fermato almeno 100mila commenti sotto. Ora il post è a quota 540mila, ma il grosso è stato fatto e Rob non sta più a portare i conti.
Ma cosa c’era scritto di tanto clamoroso? Un messaggio banalissimo, ma irresistibile per i tossici della navigazione, quella nuova generazione che ci vive accanto, basta dare un’occhiata nella stanza dei nostri figli: «Questo è il post di Facebook con più commenti del mondo». Proprio così, un potente richiamo della foresta virtuale per ingaggiare una gara. «E l’ho vinta» gongola Rob, indicando il diploma ufficiale attaccato al muro della sua stanza, nell’appartamento che divide con altri due studenti, compagni degli anni del liceo scientifico nel Cilento.
Di cosa s’intrigavano i commenti? «C’è di tutto, naturalmente» spiega. «Molti sono insensati. Sono stati scritti dai contatti per fare massa. Poi il post s’è quasi trasformato in una chat dove si chiacchierava di tutto». Quindi ogni contatto ha scritto anche più commenti? «Certo, le nuove regole del Guinness non conteggiano più soltanto i contatti individuali. Ognuno ne ha scritti più di uno, in media venti. Io stesso, ogni mille commenti, ne lasciavo uno di esultanza e incitamento». L’idea gli era venuta sfogliando l’elenco dei record relativi al web. «Per me è stata una sfida, ma anche una campagna pubblicitaria a costo zero che mi garantiva molta visibilità, una sorta di marketing non convenzionale».
E sì, ormai nel mondo dei media 2.0 si lavora così, perché Rob non viene dal nulla. «Qualche anno fa ho creato un giornale satirico virtuale, crashdown.it, che ho venduto» racconta. «I soldi li ho investiti in un altro sito ohkay.it che commercializza magliette con scritte e disegni originali, in catalogo ne ho oltre duemila». Mentre studia (a dicembre dovrebbe finalmente laurearsi, gli mancano due esami), con queste attività in Rete riesce a pagarsi l’affitto e qualcosa gli resta in tasca.
Ma non ha intenzione di fermarsi qui. Se andate a ficcare il naso in Rete troverete un po’ di suoi siti (quello principale è robertoesposito.com), oltre il profilo su Facebook. Sul social network ha diverse pagine. Oltre a «Rob» che ha circa 37mila fan, c’è «Cinismo, insensibilità, humour nero e altre cose che si mangiano» (oltre 41mila fan) e «Figure di merda» che scassa tutto con quasi 650mila fan. «In tanti mi chiedono quanto ho guadagnato entrando nel Guinness» aggiunge.
«Niente, ma è stato un vero investimento d’immagine». Effettivamente, a giudicare dal record, ci si aspetta di aver di fronte un giovane scapocchione, un perditempo. E invece no, Rob parla come un uomo d’affari. In testa, confessa, gli frullano un paio di idee alla Mark Zuckerberg (il miliardario creatore di Facebook, appunto), ma se le tiene ben strette, per ora. «Con questo successo» spiega «spero proprio di avere più chance nei miei progetti».
Cioè? «Vorrei avere un futuro artistico» confessa. «Ho scritto un libro, ”L’arrivée d’un train en gare de La Crotat”, dal titolo del primo filmato della storia. Ho pubblicato racconti un po’ dappertutto. Ho girato un cortometraggio». Ma è anche imprenditore: «Sì, il commercio sul web è ormai una realtà forte e non escludo di potermi impegnare su questo fronte». E la laurea? «Fare l’ingegnere aerospaziale è la terza possibilità che ho». Volare è un po’ più tosto che navigare. Almeno se si resta con i piedi per terra.
di Pietro Treccagnoli
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